A sera vanno le coppie di amanti lentamente attraverso il campo, donne sciolgono i loro capelli, commercianti contano i soldi, sul giornale della sera leggono ansiosi i borghesi le novità, fanciulli agitano piccoli pugni dormono sonni profondi e lunghi. Ognuno compie le proprie azioni adempie al sublime dovere, borghesi, poppanti, coppie di amanti - eccetto me? Certo! Neppure delle mie azioni serali delle quali sono schiavo lo spirito del mondo può privarsi, anch'esse hanno un senso. E così affondo e risalgo, danzo nelll'intimo, canticchio sciocchi canti di strada, lodo Dio e me stesso, bevo vino fantasticando di essere un pascià, avverto noie ai reni, sorrido e bevo anche di più, dico si al mio cuore (al mattino non è possibile) da dolori del passato giuocando intesso una poesia, vedo la luna e le stelle ruotare, ne percepisco il significato e via con loro mi sento andare non importa dove Herman Hesse
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Poem
“Quali esseri
s’uniscono in un bacio,
le mani
di quali esseri
restano così immobili,
gli occhi
di quali
s’accecano a tale bellezza,
a tale instabile infinito”
Eugenio Bissacca
Song of myself
I
Io celebro me stesso, e canto me stesso, e ciò che io presumo, tu lo presumerai, perché ogni atomo che mi appartiene appartiene anche a te. Io sto in ozio e invito la mia anima, io mi chino e ozio a mio agio osservando una spinosa erba estiva. La mia lingua, ogni atomo del mio sangue, formato da questo suolo, da questa aria, nato qui da genitori nati qui come i padri dei loro padri, anche loro di qui, io, ora a trentasette anni perfettamente sano comincio, e spero di non cessare sino alla morte. Credi e scuole lasciati in sospeso, mi ritiro, ne ho abbastanza di quello che sono, ma non li dimentico, e accolgo il bene e il male, lascio che parli seguendo il caso, la natura senza impedimenti con originaria energia.
V
Credo in te, mia anima, l’altro che io sono non deve umiliarsi di fronte a te, e tu non devi umiliarti di fronte a lui. Ozia con me sull’erba, libera la tua gola da ogni impedimento, né parole, né musica o rima voglio, né consuetudini né discorsi, neppure i migliori, soltanto la tua calma voce bivalve, il suo mormrrio mi piace. Penso a come una volta giacemmo, un trasparente mattino d’estate, come tu posasti la tua testa di per traverso sul mio fianco ti voltasti dolcemente verso di me, e apristi la camicia sul mio petto, e tuffasti la tua lingua sino al mio cuore snudato, e ti stendesti sino a sentire la mia barba, ti stendesti sino a prendere i miei piedi. Veloce si alzò in me e si diffuse intorno a me la pace e la conoscenza che va oltre ogni argomento terreno, io conosco che la mano di Dio è la promessa della mia, e io conosco che lo spirito di Dio è il fratello del mio, e che tutti gli uomini mai venuti alla luce sono miei fratelli e le donne sorelle ed amanti, e che il fasciame della creazione è amore, e che infinite sono le foglie rigide o languenti nei campi, e le formiche brune nelle piccole tane sotto di loro, e le incrostazioni muschiose del corroso recinto, pietre ammucchiate, sambuco, verbasco ed elleboro.
VI
Un bambino disse Che cosa è l’erba? portandomene a piene mani; come potevo rispondere al bambino? Io non so che cosa sia più di quanto lo sappia lui. Congetturo che potrebbe essere la bandiera delle mie inclinazioni, tessuta di lana verde-speranza. O congetturo che sia il fazzoletto del Signore, un dono profumato e un sàuvenir lasciato appositamente cadere, che porta il nome del proprietario forse in qualche angolo, che noi possiamo vedere e notare, e dire Di chi sarà? O congetturo che l’erba sia essa stessa un bambino, un neonato del mondo vegetale. O congetturo che sia un uniforme geroglifico, che significa, Spuntando eguale nelle terre aperte e in quelle chiuse, crescendo tra i popoli neri e quelli bianchi, Canachi, Tuckahoe, uomini del Congresso e Negri, do a tutti loro lo stesso, accolgo tutti loro lo stesso. E ora mi sembra la bella chioma mai tagliata delle sepolture. Teneramente ti tratterò, erba tutta riccioli, può darsi che tu traspiri dai petti dei giovani, può darsi che se li avessi conosciuti li avrei amati, può darsi che tu venga dai vecchi, o dai piccoli anzitempo sottratti al grembo della madre, e ora eccoti, tu sei un grembo materno. Questa erba è molto scura per venire dai capi canuti delle antiche madri, più scura delle barbe incolori dei vecchi, scura per venire dai palati di un rosa debole. O mi accorgo alla fine di così tante lingue che mormorano, e mi accorgo che non vengono dai palati per niente. Potessi tradurre i loro cenni sui giovani morti, sulle giovani morte, e i loro cenni sui vecchi e sulle madri, e sui piccoli sottratti anzitempo al loro grembo. Che cosa pensate che siano divenuti i giovani e i vecchi? E che cosa pensate che siano divenuti le donne e i piccoli? Sono vivi e stanno bene, chissà dove, il più minuto germoglio dimostra che davvero non c e nessuna morte, e che se anche ci fosse porterebbe dritta alla vita, e non l’aspetta alla fine per arrestarla, ed è cessata il momento che la vita è apparsa. Tutto continua e si estende, niente si annulla, e morire è qualcosa di diverso da quello che si suppone, qualcosa di più fortunato.
VII
Qualcuno ha mai pensato che nascere è una fortuna? Mi affretto ad informarlo, uomo o donna, che è una fortuna come morire, io lo so. Passo attraverso la morte con il morente e attraverso la nascita con il neonato lavato appena, e non sono contenuto tra il mio cappello e i miei stivaletti, e studio molteplici oggetti, neanche due eguali tra loro e tutti buoni, la terra buona e buone le stelle, e buono ciò che sta con esse. Io non sono una terra, né qualcosa che sta con la terra, sono il compagno, quello che sta con la gente, tutti immortali e insondabili come me, (loro non sanno quanto sono immortali, io lo so). Ogni specie per sé e per ciò che le appartiene, per me il mio maschio e femmina, per me quelli che sono stati ragazzi e amano le donne, per me l’uomo che è orgoglioso e sente quanto ferisca l’essere disprezzato, per me l’innamorata e l’anziana vergine, per me madri e le madri delle madri, per me labbra che hanno sorriso, occhi che hanno pianto, per me bambini e procreatori di bambini. Svestitevi! Non siete colpevoli, né vecchi né rifiutati, vedo attraverso il panno e la seta se lo siete o no, e vado in giro, tenace, avido, instancabile, e non mi lascio scostare via.”
Walt Whitman – estratto da Song of myself
Pessoa
“Sono un guardiano del gregge
Il gregge sono i miei pensieri
E i miei pensieri sono tutti sensazioni.
Penso con gli occhi
e con le orecchie
E con le mani e coi piedi
E con il naso e con la bocca..
Pensare un fiore, è vederlo e respirarlo.
E mangiare un frutto è saperne il senso.
Ecco perché quando un giorno di caldo
Mi sento triste di goderne tanto,
E mi stendo completamente nell’erba,
E chiudo gli occhi che bruciano,
Sento che tutto il corpo è steso nella realtà,
So la verità e sono felice.
Tu dici, vivi nel presente;
Vivi solo nel presente.
Ma io non voglio il presente,
voglio la realtà:
Voglio le cose che
esistono, non il tempo
Che le misura.
Cos’è il presente?
È qualcosa di relativo al passato e al futuro.
È una cosa che esiste in funzione dell’esistenza
Di altre cose.
Ma io voglio la sola realtà,
le cose senza presente.
Non voglio includere il tempo nel mio schema.
Non voglio pensare le cose in quanto presenti:
Le voglio pensare in quanto a cose.
Non le voglio separare da esse stesse,
Trattandole come presenti.
Non dovrei nemmeno trattarle come reali.
Non dovrei trattarle affatto.
Dovrei solo vederle, semplicemente vederle;
Vederle fino al punto di non poterle pensare,
Vederle fuori dal tempo, fuori dallo spazio,
Vederle con la facoltà di toglier tutto tranne il visibile.
Ecco la scienza del vedere, che non è scienza”
Fernando Pessoa
Fernando Pessoa
“Non sono nulla,
mai sarò nulla.
Non posso voler essere nulla.
Detto questo, porto in me
tutti i sogni del mondo”.
Fernando Pessoa
Il sorriso
“C’è un sorriso d’amore,
E c’è un sorriso della seduzione,
Un sorriso c’è dei sorrisi
Dove s’incontrano quei due sorrisi.
C’è un aggrottamento dell’odio,
E c’è un aggrottamento di disdegno,
Ed un aggrottamento c’è degli aggrottamenti
Di cui invano tentate di scordarvi,
Poichè a fondo nel profondo del cuore penetra,
E affonda nelle midolla delle ossa –
E mai nessun sorriso fu sorriso,
Ma solo quel sorriso solo,
Sorriso che dalla culla alla fossa
Sorridere si può una volta sola;
Quando è sorriso,
Ha fine ogni miseria.”
William Blake
Un’allucinazione chiamata vita
Il tramonto infittisce,
sui graffi di un volo corvino,
stringendosi rapace
nel diradarsi di ali blu cobalto.
Tiepida malinconia tra le mani di foglia,
caligine impalpabile di un orizzonte:
Diaframma tra le ombre
Di un ologramma sincopato,
percezione imperitura della frattura del giorno.
Piani sottesi di livelli impercepibili alla mente,
notte nella luce,
luce nella notte,
temperata mestizia di lame iridescenti
a scomparire tra gli sbadigli di un gatto.
Mestizia karmica di lampare,
sorgenti aliene che infiammano una collina
nella vibrazione di una candela,
accordo stonato sulla scia delle stelle.
Immantinente la notte ci porge il suo dono,
silenzi assopiti sulle foglie del tempo,
scorrere indefinito e delicato
di una sempiterna coscienza,
rugiada consumata dalle ore,
frammenti mentali chiamati istanti,
consapevoli cambi in una coscienza
che sa trattarsi della polvere di un sogno…
un semplice soffio che spargerà, stingendosi,
oltre le dita che vogliono afferrare il senso,
nel telaio indelebile
di un’allucinazione chiamata vita…
Massimiliano Cantone
L’altare
“Sull’altare dell’Amore
riposa la spada dell’orgoglio.
Alla base sorride la pazienza,
ai lati siede l’innocenza,
al centro si erge la passione,
agli angoli petali di loto rilasciano nell’aria
il soave profumo dell’Amato”.
Irene Belloni
Pessoa

Fernando Pessoa
“Quando l’erba crescerà sulla mia tomba,
Sia lì il segno che mi si dimentichi del tutto.
La Natura mai si ricorda, per questo è bella.
E se si prova il bisogno morboso di ‘interpretare’
L’erba verde sulla mia tomba,
Dite pure che continuo a verdeggiare e ad essere naturale.
Credo al mondo come a una margherita,
Perchè lo vedo… Ma non penso ad esso,
Perchè pensare ad esso non è capirlo…
Il Mondo non si è fatto perchè pensiamo a lui,
(pensare fa male agli occhi)
Ma perchè lo guardiamo con un senso di accordo…
Io non ho filosofia, ho dei sensi.
Se io parlo della Natura, non è che sappia ciò che è,
Ma perchè l’amo, e l’amo per la ragione
Che colui che ama mai non sa quel che ama,
Nè sa perchè ama, nè cos’è amare.
Amare è l’innocenza eterna,
E l’unica innocenza è quella di non pensare.”
Fernando Pessoa