Il cartello nel deserto del Mojave

 

Mi sono ritrovata di fronte a innumerevoli cartelli nei miei tragitti nel mondo, ma mai nessuno aveva attirato in tal modo la mia attenzione.

      Era una giornata assolata e guidavo da alcune ore nel bel mezzo del deserto del Mojave in California. Non appena giunsi ad un crocevia, rallentai osservando le indicazioni che contenevano la scritta Los Angeles. D’un tratto un piccolo cartello posizionato al di sotto di tutti gli altri irradiò una luce che mi accecò all’istante. Il cartello non conteneva alcun messaggio. Non dava indicazioni sulla strada da seguire, né vi comparivano frecce o avvertimenti. Osservandolo con occhi indagatori, notai che, come una nuvola, cambiava forma a seconda dei venti. Mi guardai attorno cercando di assicurarmi di non trovarmi in un sogno. Le strade si allungavano oltre lo spazio definito dalla mia coscienza. Non riuscivo a vedere dove terminavano loro e iniziavo io.

     Aprii la porta con fare sospettoso e camminai adagio verso il cartello che continuava a mutare sotto i miei occhi. Una volta raggiunto l’oggetto transiente dai colori turchini vidi che al centro comparivano dei piccoli numeri. Un filo magico aveva intessuto la loro forma che appariva ad occhio nudo come un groviglio di linee eteriche. Mi avvicinai, ipnotizzata dal movimento dei simboli che sembravano roteare su loro stessi. Tutti rappresentavano il numero otto. Allungai il braccio destro per toccarli. La mano vi passò attraverso con un insolito movimento. Scrollai la testa, incredula. Quando aprii il palmo della mano, vidi che vi aleggiava sopra una sostanza impalpabile. Chiusi il palmo e l’immagine fu racchiusa al suo interno. Di colpo il cartello svanì davanti ai miei occhi, lasciandosi trasportare da una raffica di vento che si abbatté improvvisamente nel deserto.

     Con passo fulmineo, mi diressi verso l’auto e mi sedetti al suo interno. D’un tratto mi sovvenne alla mente il significato del numero otto: simbolo dell’infinito e dell’equilibrio cosmico. Chiusi gli occhi e distesi il palmo della mano destra. Un senso di piacere e calore dilatò di colpo il mio cuore. Aprii prima un occhio e poi l’altro e fui rapita dall’insolita visione. Con occhi vitrei, osservai i movimenti della piccola nube che conteneva uno dei numeri mentre si muoveva in ogni direzione all’interno dell’abitacolo. Allungai il braccio e, improvvisamente, si adagiò delicatamente sul mio palmo destro. Mi appoggiai leggermente allo schienale e rimasi a contemplare il dono che mi era stato fatto. Avevo tra le mani un piccolo frammento di cielo. Una parte di Infinito sarebbe rimasta sempre con me.

Irene Belloni